Passa ai contenuti principali

Il Combattente



La storia di Karim Franceschi, un italiano che ha difeso Kobane dall’Isis


di Marco Mion 5^C

Le sue mani hanno accarezzato volti e impugnato Kalashnikov e i suoi occhi hanno contemplato i sorrisi e i lutti di un popolo che, seppur ignorato dai riflettori internazionali, combatte per conquistare la propria libertà, la pace e la democrazia. Karim Franceschi è uno scrittore e attivista politico di ventisette anni che ha combattuto contro lo Stato Islamico a Kobane tra le fila dei partigiani Curdi. E’ stato ospite d’onore, assieme al giornalista Corrado Formigli, al decimo Festival Internazionale del Giornalismo tenutosi a Perugia, in cui ha presentato il suo libro “Il Combattente”. Ha raccontato in una Sala dei Notari gremita una realtà drammatica con estrema sensibilità, elogiando i valori e gli ideali che scandiscono la vita di questi combattenti. Inevitabile il confronto tra questi uomini e donne e quei partigiani che, insieme alle forze alleate, liberarono la nostra Patria dal Nazifascismo. Settant’anni dopo assistiamo ancora ad una lotta armata per degli ideali democratici che al giorno d’oggi a noi sembrano scontati. Forse addirittura troppo. Dopo la sua conferenza ho intervistato Karim assieme a Luca Picotti, Nicola Petrucco e Andrea Canciani. Questo è quanto ci siamo detti, buona lettura!

Cosa ti ha spinto a lasciare la tua realtà provinciale per raggiungere Kobane?

Inizialmente ero andato per una settimana a dare una mano nei campi profughi, per poi tornare a casa. In quella settimana ho conosciuto la tragedia della guerra, una realtà che mi ha colpito profondamente. Quello che mi ha fatto scegliere di unirmi con queste donne e uomini partigiani è stato il fatto che combattessero per dei valori in cui mi riconoscevo: democrazia, libertà, secolarismo e diritti umani. Sentivo che c’era bisogno di sostegno e quindi sono andato li per dare questo.

E i tuoi amici e parenti erano d’accordo con questa tua scelta?

Nessuno era d’accordo con questa mia scelta, soprattutto mia madre. Mio padre è morto quando avevo dodici anni, è stato partigiano durante la seconda guerra mondiale. Combatté nei due anni di resistenza nelle Squadre di Azione Patriottica. Lui è stato colui che mi ha trasmesso il seme della resistenza e, grazie a questa sua esperienza raccontata in prima persona, i valori della resistenza che sono quelli che fanno la nostra patria italiana, la nostra costituzione.

Durante il tuo discorso hai parlato di come percepisci questo sentimento democratico dei curdi molto più intensamente di come lo senti in Italia. Secondo te è necessaria una forza opposta antidemocratica per suscitare questo sentimento collettivo e unire una popolazione in maniera così salda?

E’ evidente che la nostra sia una generazione che non ha più fiducia nella politica e nelle istituzioni. Se andiamo a vedere le statistiche vedremo che più della metà dei nostri coetanei non votano, io stesso a 27 anni non sono mai andato a votare. Quando si rinuncia al diritto di voto si trascurano i valori democratici. La gestione politica che c’è stata dal dopoguerra in poi ci ha fatto perdere fiducia in essa e nei valori democratici e costituzionali che ci appartengono. Molti dei discorsi che si sentono fare sono addirittura anticostituzionali eppure sono condivisi da molti, ad esempio respingere i rifugiati e lasciarli morire in mare. I partigiani non hanno combattuto per questi principi. Quei partigiani erano comunisti, anarchici, libertari e anche democristiani. Combattevano fondamentalmente per l’umanità, noi stiamo progressivamente perdendo questi valori. Gli abitanti del Rojava hanno questi intensi valori non solo per il fatto che sono aggrediti dall’ISIS o perché il popolo curdo ha combattuto per decenni per la sua indipendenza contro le opposizioni del fascismo turco ma anche perché i loro stessi valori sono principi anticapitalisti. Se ci pensate oggi parlano tutti di guadagno, profitto, carriera, soldi, lavoro, nessuno parla più di ideali. Se parli di ideali sei visto come un imbecille, un illuso, qualcuno che dorme sulle nuvole, eppure sono quegli ideali che hanno fondato questa nostra nazione e che ci rendono italiani.

A proposito di ideali, quando accade qualche attentato in Europa, sia la stampa che i social network si riempiono di ideali pacifisti con i quali si presuppone di poter vincere questi problemi e queste forze avverse. In base alla tua esperienza che cosa ne pensi?

Io sono pacifista ma essere pacifista non significa lasciarsi sterminare, quello significa essere carne da macello. Quando sei un cadavere non sei nè pacifista nè nulla, sei uno stato inanimato. Essere pacifista a Kobane significa stringere un Kalashnikov in mano e combattere lo Jihadismo e l’ISIS in maniera armata, liberando i villaggi che loro stessi controllano che sono ai confini, anche senza aspettare che siano loro ad attaccare. Poi certamente è facile essere pacifisti in Italia e ripudiare le armi sotto l’ombrello NATO, è difficile essere pacifisti a Kobane in questo modo.

Durante le passate crisi mediorientali, abbiamo assistito all’intervento di numerosi eserciti europei e internazionali. Secondo te perché in questa crisi siriana assistiamo al neutralismo armato delle potenze mondiali? Vi sentite una realtà abbandonata?

La nostra realtà è abbandonata perché non si presuppone la vendita del territorio come soluzione. L’Occidente ha ancora ambizioni post-coloniali. Ricordiamoci che tra l’Iraq e la Siria ci sono i giacimenti di petrolio più grandi al mondo, il petrolio che c’è in quella zona non è lo stesso che c’è in Arabia Saudita, è un petrolio molto più prezioso e raffinato. Quindi quel popolo che sta combattendo contro l’Isis e sta vincendo è un popolo che combatte secondo ideali veri, non è un popolo sostenuto con soldi o armi da una potenza Occidentale e non è disposto a compromettere i propri ideali e a svendere le proprie risorse terriere a discapito del popolo che vive in quelle terre come altri sono disposti a fare. Nel Rojava combattono per un sistema anticapitalista che rappresenta realmente il popolo di quelle terre. I curdi sono gli unici che combattono contro l’Isis, quindi o si appoggia lo YPG oppure l’Isis non verrà contrastato.

E la Russia?

La Russia ha sostenuto solo in parte lo YPG. Sostiene Assad nella sua avanzata a Palmira, però ha fatto anche dei grandi danni bombardando molti villaggi composti da soli civili, creando altre masse di migranti in Europa. Comunque hanno fatto un intervento utile nel poco tempo che sono rimasti, adesso sono già in smobilitazione.

Hai un messaggio da lasciare agli studenti che leggeranno questa intervista?

Ci tenevo a sottolineare quanto queste siano solo parole. Qua non presento solo il mio libro ma faccio anche attivismo politico. Per fermare questa ondata di profughi bisogna fermare questa guerra e fermare l’Isis e i gruppi Jihadisti, che poi fanno gli attentati a casa nostra. Questi terroristi sono ancora in azione perché continuano ad essere gonfiati di soldi e di armi dai paesi del golfo ma anche dalla Turchia. Quindi bisogna in qualche maniera sanzionare questi paesi che li finanziano e li armano. Invece di sanzionarli noi li stiamo premiando, perché l’Italia assieme all’Europa dà sei miliardi di euro alla Turchia per trattare la questione rifugiati. Al governo turco sono già partiti 450 milioni di euro solo dall’Italia. Questo è inaccettabile perché alla Turchia vendiamo armi, diamo soldi per trattare la situazione rifugiati, loro i rifugiati li creano, ce li lanciano contro e finanziano i gruppi Jihadisti. Il primo Maggio ci sarà una manifestazione nazionale lanciata dalla mia rete “Agire nella Crisi”, andremo davanti all’ambasciata turca a protestare contro questo accordo tra Europa e Turchia e dire no a questo tipo di pratica chiedendo che la Turchia venga sanzionata. Porteremo anche prove del congiungimento della Turchia con i gruppi Jihadisti.





 

Commenti

Post popolari in questo blog

Moonshine, drink it all the time

di Matteo Nigris e Matteo De Cecco 5^G Forti della recente uscita di Carnelian [2015] e della risposta fondamentalmente ottima della critica specializzata, i Kill the Vultures, duo hip hop di Minneapolis costituito da Crescent Moon (rapping) e DJ Anatomy (beat, strumentali), hanno iniziato a marzo un tour europeo che vede come grande protagonista l’Italia, in cui terranno tredici date. Una di queste, grazie al contributo di Hybrida, che si occupa dal 2003 di portare musica dal vivo in zona, è risultata essere proprio Udine, nella programmatica location del bar del Cinema Visionario. Così come il cinema unisce individui dalle più disparate formazioni culturali in uno stesso luogo, così il concerto si è dimostrato essere tutto meno che un’adunanza fra patiti di hip hop: l’11 aprile (dopo un rinvio di una settimana dovuto alla nascita imprevista del figlio di Anatomy) la “fauna” che si riunisce in via Fabio Asquini è quanto mai eterogenea, quasi insperabilmente considerata la nat

Lettera al Messaggero Veneto

Giovedì 2 luglio abbiamo scritto una lettera al Messaggero Veneto in protesta ad un articolo sul Marinelli contenente informazioni imprecise e talvolta inventate, sperando di vederla pubblicata o quantomeno di ricevere qualche spiegazione. Purtroppo non è stato così e non abbiamo nemmeno ricevuto una risposta. Non ci resta allora che pubblicare qui la lettera, dando a tutti la possibilità di conoscere i veri fatti, nella speranza che, complice la viralità del web, si riesca a destare l'attenzione del Messaggero Veneto. Caro direttore, Le scriviamo questa lettera per esprimerle il nostro disappunto a riguardo di un articolo apparso sul vostro giornale domenica 28 giugno e intitolato Maturità 2015, gli studenti del Marinelli: "Udine addio, vado al Politecnico". Già dal titolo si capisce quale sarà il tono dell'articolo, ma il peggio arriva dopo. L'articolo è solcato da una serie di fatti puramente inventati. La Sara intervistata ha solo detto che proverà i